Scolaro svogliato ricopio versi di poeti mille volte:
punizione certo alla mia condotta insufficiente.
E dentro gli occhi intanto navigano vele
nel calmo, rosso, immenso palpito del mondo,
dove tutto è mare intorno.
Solo, nella classe ampia, che piano si riempie
dei gridi acerbi dei compagni che giocano in cortile,
con la penna che piaga le dita
ed atrofizza i miei giorni di bambino, ascolto.
E mancano ancora troppe righe da copiare,
troppo inchiostro perchè, infine,
anch’io possa lanciarmi, disperata rondine,
nella luce del mattino, vomitando gioia dalla gola.
Troverò allora i miei compagni ad aspettarmi?
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Pubblicato da Carlo Congia
Si potrebbe dire molto di me, ma occorrerebbe farlo con parole inutili.
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“vomitando gioia dalla gola”
stupenda. molto molto espressiva, quel vomitando è una perla che lascia intendere dietro un’infinità di sentimenti, un modo di pensare, un giudizio quasi di quella felicità ce i bambini hanno, immensa, incontenibile, insaziabile che fa quasi invidia.
Anche a me è piaciuta, utilizzi un’immagine molto efficace.
Il finale (Troverò allora i miei compagni ad aspettarmi?) mi ha fatto pensare allo slogan della manifestazione dei precari la scorsa primavera: “il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta”. Il tempo delle punizioni, forse, è l’unico tempo davvero “perso”, morto. Una volta mi è stato detto che una punizione efficace dev’essere sì qualcosa che non abbiamo voglia di fare, ma qualcosa che allo stesso tempo ci fa bene (per esempio andare a correre). Altrimenti si tratta di masochismo o sadismo, a seconda del destinatario della punizione (se stessi o altri).