Non che di per sé, in fondo, ma in effetti sì, anche di per sé. In effetti.
Ma anche come, sai, è stato come chiedere “una baguette” e sentirsi domandare “serve altro” e rispondere “no” e poi sentirsi dire, senza capirle, parole, e sentire tensioni alle spalle, il collo irrigidirsi, la mandibola tremare, e le gambe pure.
E’ stato come pensare “devo fare una lavatrice”, portare giù l’immondizia, concentrarsi sull’etichetta per capire dove va, e poi mentre passi l’aspirapolvere sentire parole, non capirle, e sentire tensioni alle spalle, il collo irrigidirsi, la mandibola tremare, e le gambe pure.
E’ stato come vestirsi in fretta, mettersi le scarpe, prendere la borsa e controllare chiavi, portafoglio, cellulare, è stato come guardare l’ora, pensare “devo sbrigarmi” e poi di colpo sedersi. E molto lentamente cominciare ad associare immagini alle parole, e vedere un fatto, una cosa grossa che include altre cose, più piccole, eppure ciascuna abbastanza grossa da far sembrare piccole le cose di prima, e di colpo pensare che non importano: le cose di prima non importano più.
Arianna
Il ritmo dell’ingranaggio, il ritmo che volevamo (forse, alcuni) eludere.
Il ticchettio dell’abitudine, delle cose da fare.
Sveglia-caffè-spremuta-tostare-pulire-lavatrice-lettiera gatti-mani-viso-vestiti-fuori.
A volte c’è, a volte manca, il tempo per riflettere.
A volte pero`quel ritmo è salvifico, ti ci aggrappi e in qualche modo – anche se ti sembra di non farcela – vai avanti. Cosi`quando, di colpo, arrivano cose piu`grosse, cose che ti obbligano a fermarti… puo`far male, ché quel piccolo, minuscolo equilibrio (poco interessante, poco coraggioso, ma a volte va benissimo cosi`)… ecco quell’equilibrio non regge piu`. E, di nuovo, si fa fatica.