Il cielo si era fatto scuro, nuvoloni neri si erano addensati contro il cielo terso, fino a poco prima, della sera. Arabeschi di nuvole ora soffici ora minacciose, disegnavano la volta e gli occhi dei passeggiatori estivi. L’aria appesantita preparava il temporale, le persiane si aprivano, si chiudevano, sbattevano. La luce dell’acqua e il tramonto rosa erano come dimenticati. In una cucina spoglia e non squallida, occhi azzuri inquieti si erano anche di colpo come annuvolati: i pensieri correvano per terra, sotto il lavandino, tra i piedi, e quegli occhi sempre più grigi e profondi li inseguivano passo passo, nascondiglio su nascondiglio. Spesso si fermavano, calamitati, sul violino poggiato come distrattamente, come obliato, nell’angolo della stanza. Impauriti e speranzosi al contempo interrogavano lo strumento come oracolo capace di risposte, forse miracoli.
Il temporale ritardava, indugiava, accresceva l’umidità dell’aria e l’apprensione nel cuore del giovane. Battiti bassi, a volte regolari improvvisamente poi accellerati, scuotevano il petto come i tuoni in lontananza, da dietro certe montagne. Il pensiero della natura prossima e già lontana, per qualche ragione, diede un senso di realtà alla stanza, al violino, all’ora della sera e a quei pensieri irrequieti. Così accese una sigaretta, il vento soffiava forte.
Irene
Bellissimo, Ire.
In particolare, mi è piaciuta molto l’idea dei pensieri che si nascondono:
“i pensieri correvano per terra, sotto il lavandino, tra i piedi, e quegli occhi sempre più grigi e profondi li inseguivano passo passo, nascondiglio su nascondiglio”.
Aspettiamo con impazienza la continuazione!
Grazie mille Ari! A breve Interemezzo II allora… Ad anticipare il III 😉
Un abbraccio grande