Milano, lunedì mattina, tram 14.
Umanità schiacciata e infastidita dal contatto reciproco, ciascuno pensando allo spazio che vorrebbe prendere, e allo spazio occupato dagli altri.
Tra una fermata e l’altra, un signore calvo con gli occhiali si mette a sbraitare contro il vicino: “Se non ti piace tornatene nel tuo Paese! Caproni! Puzzate come dei caproni, ci mettete il profumo sopra per coprire la puzza… fate schifo!”.
Mentre mi unisco al coro dei “Basta! La smetta!”, cerco il viso dell’uomo a cui sono rivolte quelle parole. Ma vedo soltanto la nuca, il collo, dove una piega, di colpo, profonda: la piega della tristezza.
Non vivo a Milano ma riesco a immaginare certe calche… riesco a comprendere la tristezza, ma anche l’esasperazione.
Chi ha torto?… e chi ha ragione?
Tutt’e due o nessuno dei due. Chi ha veramente torto è chi ha permesso e continua a permettere…
Buon Giorno.
Quarc
Comprendo l’esasperazione ma non il razzismo.
Inoltre, la situazione disagio è condivisa da tutti i presenti: prendersela con il vicino (senza maggior colpa rispetto a noi per la calca) non fa che peggiorare le cose.
Se a questo si aggiunge l’utilizzo di parole razziste, mi pare davvero un’aggressione senza giustificazione alcuna.