Salgo correndo su per una scalinata, senza sapere dove porta. Col fiato corto arrivo in cima e quando arrivo una voce, che viene da un punto indefinito nella luce, grida “Rabbi!”. Mi fermo attonito. Mi guardo attorno, nessuno. Dietro di me, nessuno. Di nuovo, “Rabbi!”. Il maestro sono io, mi convinco, e allora faccio per parlare. “In verità, in verità vi dico…” queste parole mi escono facile, ma poi nulla, non riesco a terminare la frase. Non so come terminarla. Non trovo nulla da dire in verità. Solo, non so chi sono e perché sono salito su per quelle scale di corsa verso l’alto. Forse non c’è nessuna verità, o forse non è qui che albergano, sulla cima di queste scale. Stanco, mi lascio cadere a terra, mentre poco a poco i miei occhi si fanno adusi alla luce chiara. Ho già visto questo luogo: in fondo alla scala appena percorsa. Dappertutto migliaia di altre scale dipartono e si esauriscono in un dedalo inestricabile agli occhi. “Rabbi!” rimbomba ovunque la voce. Penso, non sono io! C’è qualcosa, qualcosa che mi spinge a rialzarmi, rialzarmi e ripartire. Ricomincio a salire.