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AIRONI DI CARTA

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Categoria: dialogo

fērĭae sensūs

giugno 28, 2017 ~ icaroinvolato ~ Lascia un commento

[…] poi ti ferma la cassiera del minimarket sotto casa, quella gentile, simpatica, con la quale scambi due battute quella volta che hai bisogno di quella cosa – il limone, la cipolla, la birra per una cena improvvisata. Interseca la curva del tuo mattino con un sonoro «Meno tre!» che vale per entrambi, schegge di stanchezza pronte al risveglio delle  feriae sensus che si sono già confessate gli itinerari, e racconta dell’imminente viaggio, dei luoghi dove giacerà – pochi giorni, essenziali ma desiderati. «Ci vediamo prima di partire?» come se ogni resto o scontrino avesse preparato un distacco, e un augurio per la buona giornata a venire. «Ci vediamo di sicuro» e non so il suo nome (lei avrà notato il mio sulla superficie del mio credito?), ma non ne ho bisogno, alla fine è solo un nome, non dice nulla, non ha importanza, lei già ha l’interesse.

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il dilemma della molla

novembre 14, 2014novembre 14, 2014 ~ icaroinvolato ~ 1 commento

Ti fermi a pensare, ti fermi. Chiedono sempre più spesso: «Non scrivi più?». Molti hanno la gentilezza di evitare l’indagine sulle cause, ma è percepibile quel perché – lo percepisce il tuo senso di colpa. Colpa? Come se fosse un impegno che avevi preso con te stesso e che non stai onorando.

Cosa serve per scrivere? Cosa serve per creare qualcosa?

Serve una mancanza? La mancanza genera il bisogno, questa è la regola; ma la mancanza dev’essere oggettiva o basta la sensazione della mancanza? Una vita che sembri piena è una vita senza spazi di ispirazione? Ti fermi a pensare, pensi a fermarti sulle domande, non senti il bisogno di darti le risposte. Cosa mi manca per fare? Quello che ho è tutto quello che posso essere o tutto quello che posso fare?

Quello che non scrivo lo penso, lo conosco. A volte sono pensieri così complessi, idee così articolate da apparire intraducibili nel linguaggio che conoscevo. Forse il linguaggio che era mio non è più adatto a tradurre i pensieri di adesso: ho cambiato forma alla mia mente. Un’esistenza diversa, senza la solitudine del numero primo, in un luogo che senti tuo e per sempre fino a scelta contraria, una routine di sicurezza e rassicurazione, liquidi che hanno preso la forma del vuoto e colmato le lacune fonde. Paradossale come la pienezza prosciughi invece di arricchire.

Cosa serve per scrivere? Scrivere?

Quando riesci a scrivere solo dello scrivere, stai scrivendo? È scrittura? Un cane si morde la coda all’infinito e un serpente chiude il cerchio di sé. Io mi chiudo in me e niente più esce dal cerchio. Ti chiedi se quel cerchio, in fondo, non volessi crearlo da sempre. Se per caso non fosse il tuo obiettivo quello di non dovere più sentire la necessità di esprimerti. Hai una circonferenza da percorrere, un tracciato sempre disponibile, infinito, senza limite: il luogo dei punti equidistanti dal centro di te. Puoi continuare a percorrerlo accumulando circonferenze su circonferenze, verso l’alto, come una molla ben ancorata da tendere a tuo piacimento, tanto non ti sformerai mai, non ti sformerai più.

Tutto quello che hai è tutto quello che volevi fare, che volevi essere? Hai un margine di insoddisfazione non abbastanza profondo da raccogliere mancanze e generare bisogni di espressione. Forse hai solo trovato un modo diverso di colmarti, un linguaggio non verbale, fatto di gesti e persone, di quotidiano assorbimento. Forse è intenzionale pensare difficile, ti dai limiti per non confrontarti con i tuoi pensieri.

Cosa serve per scrivere?

Essere o sentirsi soli? Avere qualcosa da dire senza interlocutori disponibili? Avvertire la mancanza di qualcosa? Di qualcuno? Andare a ritroso fino alle date delle ultime scritture? E cosa trovi, se non il tempo?

Molti chiedono «Perché non scrivi più?» e io non so rispondere. Altri chiedono «Non scrivi più?» e vorrei rispondere che scrivo, ma che nessuno sa, non so, dove andare a leggere.

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Fermoimmagine

settembre 25, 2014 ~ Amor et Omnia ~ Lascia un commento

amore… e vorrei essere nel tuo letto di notte per accostarmi al tuo viaggio e dire che forse il nostro non è solo un romanzo di poche pagine e anzi è tutto ancora lì sotto la polvere… e vorrei stare nel tuo bagaglio e vorrei stare nel tuo vino buono e così vorrei essere nel tuo groviglio allo stomaco… mi hai detto: – resta lì, io torno presto – io non ho mai capito cosa siano queste parole, che tempo siano…. presto-tardi, tanto-poco, vanno circoscritte, queste parole, con significati precisi.. vanno definite; il presto cosa è? un’ora un giorno un anno…. io odio la parola presto e detesto con tutte le mie forze ancora di più l’”appena possibile”.. batto i pugni sul tavolo del destino. Ecco adesso mi detesterai tu. Io posso essere molto detestabile e tu puoi essere estremamente adorabile…. e vorrei sentire la tua voce dire: – caffè anche per te? – e ancora….. – andiamo in centro oggi – …. -ehi ma non abbiamo finito quel discorso, e no che non lo possiamo finire in auto –
…e vorrei la tua voce a mostrami il giorno e la tua risata.. ah ah.. a prendermi per i fondelli.. perché tanto lo so che lo fai anche da serio… e vorrei che tu fossi un passo avanti a me… mentre camminiamo e mi trascini da qualche parte… e vorrei che tu avessi il capo chino solo per pensare al nome di nostro figlio…
stasera preparo il pane fresco e tu ti innamorerai ….mentre ti leggo poesie… una ogni ora… fino al mattino.

© Amor et Omnia

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Dialogo cool

settembre 24, 2014settembre 25, 2014 ~ Amor et Omnia ~ Lascia un commento

hands-437968_640Lui: ti amo ma vorrei un rapporto aperto, sciolto
Lei: cosa significa esattamente?
Lui: beh niente in particolare solo che non facciamo programmi viviamo alla giornata, ecco. Ci vediamo volentieri ma senza obblighi per nessuno, dai hai capito, se tu puoi e ci vediamo mi fa piacere ma se vuoi stare per i cazzi tuoi mi sta bene. Io poi ho anche le mie abitudini…
Lei: io pensavo che i “cazzi miei” fossero stare con te, ma se vuoi mi adopero diversamente…comunque non voglio discutere io ti amo, dai viviamo quello che c’è e se sono rose fioriranno…..
Lui: brava tesoro, vedi perché sei adorabile, capisci sempre tutto.. dai che ti porto al cinema.
Lei: no ho da fare
Lui: cosa?
Lei: i cazzi miei.
Lui: sei arrabbiata allora! io sono sincero e tu ti arrabbi, allora quando mi dicevi ok va bene, tutte balle!
Lei: no è che io vorrei fare come dici tu ma questo non mi fa sentire importante
Lui: topolina tu sei importantissima, è che non voglio legami asfissianti e che ci soffochiamo
Lei: quindi io sarei potenzialmente soffocante
Lui: no! o si boh! insomma ho solo detto che dobbiamo uscire quando ne abbiamo voglia
Lei: ma se io ne ho voglia il giovedì mettiamo e tu il venerdì che facciamo?
Lui: topolina, non lo so che facciamo lo vediamo per allora… adesso andiamo al cinema
Lei: no ho detto niente cinema si sta qui a parlare fino a capire tutto e chiarire
Lui: sei contraddittoria, prima hai detto che non volevi litigare, mah
Lei: quindi con me si litiga e basta… ecco con me tu ti senti soffocare e non fai altro che litigare.. un mostro insomma…
Lui: topolina mi sto irritando
Lei: smettila di chiamarmi topolina, non ho 20 anni
Lui: lo so ne hai il doppio cosa c’entra?
Lei: 36 pirla! sono 36

© Amor et Omnia

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Stare a guardare

settembre 9, 2014 ~ arikita ~ 3 commenti

IMG_3368Com’è difficile accettare le scelte che sembrano così sbagliate, ma così sbagliate, che lo sembrano proprio. Il percorso già segnato, dritto fino al punto che conosci: quante volte, quanti anni… per quanto tempo ancora?
“Tanto decido io”.
Certo: decidi tu.
E mi vien voglia di aggiungere: “Però non chiamarmi, alla prossima emergenza”.
Non voglio più stare a guardare, impotente, la tua distruzione.
Se solo potessi scappare via, lontano, e dimenticarmi di te, vivere senza sapere, senza pensarti.

Ma son solo fantasie.
Alla prossima emergenza sarò di nuovo lì, di corsa, a tacere e parlare di cose, che non ascolti.

Arianna

Foto: Umbra 2014

 

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Stare, ascoltare

novembre 21, 2013novembre 21, 2013 ~ arikita ~ 2 commenti

IMG_2260Si parla, si consiglia, si trovano (subito) soluzioni.
Soluzioni per chi ascolta, naturalmente. Parole per chiudere, mettere in un cassetto (uno qualunque) le cose che vanno e, porca miseria, vengono, le cose, che non si capiscono.
“Devi avere pazienza”, “Ci vuole tempo”, “Poco per volta”.

Ma l’ascolto che guarisce – o per lo meno ci prova – è quello che sta, in silenzio.
Che si siede di fianco, tenta di sincronizzare il respiro.
Non pulisce, non mette in ordine, sostiene lo sguardo dei calzini, sparpagliati per terra.
Rimane lì, con i cassetti vuoti, e tutte le cose in giro.

Arianna

Foto: Marsiglia 2013

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Il link disattivato

marzo 19, 2013marzo 20, 2013 ~ Demetrio ~ 2 commenti

Mi stupisco veramente molto quando, discorrendo con la gente, si toccano argomenti che sfiorano l’esistenza, o comunque che vanno a lambire tematiche profonde sull’uomo e la donna.
Rimango sbalordito a percepire che attorno a tali tematiche aleggia un’aria di vuoto, nel senso più basso e ‘vuoto’ del termine…
Un vuoto in cui vengono buttate tutte le domande, le speranze, i valori più alti.
Gente che non concepisce nemmeno l’ipotesi remota di una sfera interiore che appartiene, e che è sempre appartenuta all’uomo. Non si tratta di appartenere a questo o a quel rigolo religioso. Quando si parla di questa “sostanza dei sogni”, di cui l’uomo e la donna in essenza sono costituiti, si scavalcano tutte gli steccati che hanno preteso di chiudere l’idea di dio o di spirito (o come lo si voglia chiamare) in una costruzione logica e razionale che, in realtà, è un nonsense.
imagesCA5P5K9G Un qualcosa di così naturale che le dinamiche sociali globali hanno messo sotto il tappeto. Rimango sempre sconcertato quando mi arrivano zaffate di questa aria pesante che ormai dilaga subdolamente all’interno delle nostre moderne e tecnologiche società, avvelenando le persone in un processo lento ma inesorabile.

Osservando il mondo là fuori fatico a credere che scienza e religione abbiano ancora la ricetta per far rinascere quei valori etici necessari a plasmare una società degna di donna e uomo… Il tempo passa e le cose sembrano peggiorare…

imagesCA23LZICGuardando il cielo in una gelida notte di febbraio, un mio caro amico osservava stupito la bellezza maestosa di un cielo stellato e l’effetto ‘stop‘ che si generava dentro di lui, armonizzando mente ed emotivo. Mi faceva notare inoltre quanto sia sempre più difficile fermarsi e alzare gli occhi verso l’alto.
Ripenso allora alla risposta di un collega che a tal proposito mi faceva notare che in antichità l’uomo aveva più tempo… Sì può darsi, ma si tratta solo di tempo?!
No, non si tratta di tempo. Penso invece che ci sia un sottilissimo link fra alzare la testa a guardare un cielo stellato e rivolgere lo sguardo all’interno.
In questo periodo storico l’umanità sta disattivando questo link.
Questo link collega due mondi; collega l’esterno all’interno.
Esiste ancora un software capace di riattivarlo…?

Demetrio

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per quando tornerai

febbraio 27, 2013marzo 1, 2013 ~ ammennicolidipensiero ~ 5 commenti

altan27022013

Ari, io ti capirei se tu oggi mi dicessi quanto è difficile (o meglio, fastidioso), per un’italiana, camminare per le strade di Parigi e dover sopportare i cugini d’oltralpe che ti chiedono: “Ma come?!? Ancora?!?” e magari aggiungono pure: “vous êtes ridicules!“. Io ti capirei, se tu mi chiedessi incredula se è rimasta ancora della dignità.
Ari, io ti capirei se tu mi dicessi che cambi idea e ti fermi lì, e non torni in Italia. Ti capirei anche se cercassi di consolarmi, da lì, che in fondo no, non è come sembra, tutto rose e fiori, che anche la gauche non ha meno problemi di quella italiana (ammesso che in Italia esista ancora).
Ari, ti capirei anche se tu mi chiedessi stupita “che cos’è questa storia dei giaguari?”, ché da lì ti sembra così ridicola, lo so, e mi immagino una risposta farcita di armadilli, castori, ornitorinchi – ma soprattutto di grandissimi vaffanculo.
Ti capirei, e non saprei davvero cosa risponderti: in questi due giorni passati ho pensato, e penso, tutto il peggio possibile.

Di una cosa però sono certo: qualunque cosa accadrà nei palazzi, per il momento tocca ancora a noi, precari, improbabili e sognatori, rimboccarsi le maniche e continuare a lavorare per salvaguardare quel poco di sanità e scuola pubblica che rimane, quei diritti sociali conquistati a fatica, quel poco di ambiente che ancora ha la caparbietà – quella d’un amore non ricambiato – di ospitarci. Ari, noi ti s’aspetta. Ricominciamo dai ragazzi, dai percorsi nelle scuole, riportiamo il teatro nelle periferie urbane, ché di realtà da raccontare, e trasformare, ce n’è in quantità.
Dico questo senza vittimismi, mi conosci.
Ma con una parola ben stampata nella mente: “indignazione”.
Oggi, a Parigi, salutate Stéphane Hessel. In Italia sono ancora troppo occupati a pensare ai nani per essersene accorti, ma almeno tu, che sei lì, porta l’ultimo saluto anche da parte nostra a lui, gigante di dignità e resistenza.

Io, per quel posso, un piccolo regalo a chi ci segue lo faccio, ed è questo testo. Sono poche pagine, ma quelle poche sono dei macigni. Scaricatelo, leggetelo, diffondetelo.

Ma soprattutto, portatevi dentro quel grido, “indignez-vous!“, ché senza indignazione non ci può essere resistenza.

NewsExtra_77098“Sartre ci ha insegnato a ricordare:
Voi siete responsabili in quanto individui.
Era un messaggio libertario.
La responsabilità dell’uomo che non può affidarsi
né ad un potere né ad un dio.”

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Unità d’Italia

settembre 16, 2011settembre 15, 2011 ~ arikita ~ Lascia un commento

Al Sud i sindacati ci dicono di iscriverci nelle graduatorie del Nord, se vogliamo avere qualche speranza di lavorare.
Al Nord ci troviamo scavalcati di colpo da quelli del Sud, e così neanche i primi in graduatoria passano.
Lo Stato non fa nie
nte per ridurre le disuguaglianze, siamo costretti a partire.
Danno voti più alti al Sud, questo è un fatto.
E’ ora di finirla con i pregiudizi.
Non è colpa di chi cerca lavoro, non dico questo, però è una guerra. E a morire sono sempre i soldati semplici.

Arianna

Foto: Nadia Lambiase

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” Inquietudine… “

luglio 29, 2011luglio 28, 2011 ~ Demetrio ~ Lascia un commento

L’uso sempre più diffuso di droghe e psicofarmaci somiglia tanto al tagliare con impegno ed altrettanta inconsapevolezza il ramo sul quale siamo adagiati a cavalcioni.
Mentre praticavo Zazen nei pressi  di una delle sempre più rare spiaggie naturali del sud Italia udivo alcune persone in passeggiata lamentarsi dei riufiuti che la marea ri-portava sulla battigia.
Ci viene restituito quello che abbiamo seminato, ecco una legge naturale sulla quale sarebbe il caso di riflettere. E ciò vale tanto per il mondo esterno che ci abbraccia, quanto per il mondo che respira dentro di noi, dove il nostro veicolo fisico è una semplice interfaccia  che risponde ad un software fisiologico, mentale ed emotivo ben più complesso.

 
Siamo delle spugne, proprio quelle che vivono sui fondali marini. Assorbiamo.
Un grande maestro del passato, Lucio Anneo Seneca, esortava i contemporanei a ricercare l’Arte del Vivere, un  Sentiero che avrebbe condotto l’essere umano a maggiore felicità e pienezza.
L’inquietudine, il malessere, le malattie psicosomatiche e tutte le afflizioni mentali  che ci lacerano,  hanno sovente un’unica causa che  va  indagata nell’unica domanda possibile:     ” Come ”  –  vivo –  io?

Sig. Paolo Facchini

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