Ieri sono stata a una conferenza sulle rinnovabili. I relatori: quadro di società finanziaria parigina, professore universitario di Trento, imprenditore emiliano. Tutti sulla sessantina.
A seguito della relazione auto-celebrativa del francese, il professore e l’imprenditore si uniscono in un sol canto di autocommiserazione e, insieme, disprezzo per l’Italia e chi ci vive:
“In questo Paese non si può fare niente di innovativo, niente di nuovo…”
“In Italia abbiamo una classe politica incapace, le banche non danno crediti, vogliono troppe garanzie, ora va di moda l’ambiente ma in realtà è tutto bloccato”
“Gli imprenditori italiani dovrebbero essere più trasparenti? Ma se siamo in un Paese in cui la trasparenza è solo una parola vuota!”
“Gli italiani dovrebbero votare per interposta persona: dovremmo far venire qui i norvegesi e gli svedesi a votare al posto nostro”
“Ho tre figli e sono tutti all’estero: uno in Olanda, uno in Danimarca e la piccola sta partendo adesso per il Brasile. Per forza: qui da noi non ci sono opportunità, i giovani sono costretti a emigrare!”
Ora: un ragazzo che non trova lavoro ed è arrabbiato con l’Italia, lo capisco. Un ragazzo che decide di andarsene per lavorare meglio, seguire le sue ambizioni e aspirazioni professionali, pure.
Un professore universitario e un dirigente d’impresa con centinaia di dipendenti che recitano la parte dei “geni incompresi”, loro così bravi, così onesti ma osteggiati da un Paese di ignoranti e incompetenti: no. Questo non lo accetto.
Siete adulti della generazione dei baby-boomer, non avete conosciuto la precarietà lavorativa, appartenete all’élite culturale ed economica dello Stato in cui vivete, e in cui avete cresciuto i vostri figli: se i giovani se ne vanno è anche vostra responsabilità.
Avete del potere, un po’ ne avete: usatelo per cambiare le cose in meglio, allora.