Sogno d’un tempo in cui il volto di mia madre, a volte, sembrava giovane, o forse semplicemente meno stanco, liso. Un tempo in cui queste rughe, precise come cicatrici, stavano appena appoggiate e i polsi potevano mostrarsi, senza bracciali. Un tempo in cui il passo andava deciso, con il peso un po’ qua e un po’ là. Esattamente un po’.
Sogno d’un tempo in cui la voce di mio padre, a volte, si scioglieva in uno sbuffo rilassato. Un tempo in cui si parlava d’altro, del lavoro, dei soldi, cose senza importanza rispetto, eppure sembrava. Un tempo in cui il dolore stava, come fosse accanto, non davanti, a chiudere il possibile, d’una vita senza. Un tempo in cui il passato, e poi certo il futuro, però il presente, il presente si faceva sopportare.
Sogno d’un tempo triste, che pure oggi pare felice, perché – ah, chi mai l’avrebbe detto? – più felice di questo, del tempo d’adesso.
Arianna

Fotografia di Nadia Lambiase
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