«Raccontami del nonno Pietro, della guerra»
«Il nonno Pietro è stato sei anni a Novara ad addestrare i soldati. I soldati dovevano marciare bene… altrimenti, pedate sui piedi! Tutti guardavano le sfilate a quel tempo, non si poteva dire “chissenefrega”. E i suoi soldati dovevano marciare meglio di tutti. Eh sì, il nonno Pietro era… come hai detto prima?»
«Ambizioso»
«Ecco, ambizioso. O vanitoso? Beh, insomma, voleva farsi vedere e voleva essere sempre il primo, gli piaceva comandare. E’ stato in Albania, dove i ribelli si nascondevano nei boschi, e in Grecia. Però non ha mai sparato un colpo. Quando gli altri sparavano lui si riparava dietro le rocce. Poi c’è stata la Russia, quella guerra da cui non è tornato nessuno. Andavamo alla stazione centrale di Novara a vederli tornare, ma dalla Russa rientravano solo in cinque o sei su un intero battaglione, e c’erano tutti i parenti dei morti ad aspettare, a sperare. Invece dall’Albania sono tornati in tanti»
«Quanti anni avevi quando hai sposato il nonno?»
«Ventiquattro. E lui trenta. Era il ’47… Però i miei genitori non volevano che lo sposassi»
«Perché?»
«Perché il suo carattere era già un po’ difficile, voleva sempre avere ragione lui»
«E allora perché l’hai sposato?»
«Eh, perché mi stava dietro! Veniva sempre qui…»
Arianna
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