“Speriamo”, dico,
e tu: “Speriamo”
poi sospiri e lo riempi
di cose
così piccole
che non credevo
fossero
da sperare.
Hai ragione tu, invece:
speriamo.
Parole in origami attraverso la volta del cielo
“Speriamo”, dico,
e tu: “Speriamo”
poi sospiri e lo riempi
di cose
così piccole
che non credevo
fossero
da sperare.
Hai ragione tu, invece:
speriamo.
Giulio
Luci oblique s’invertono nell’acqua
vagheggiano riflessi oro e petrolio
sparpagliati nel buio impareggiabile
senza più margini e quindi infiniti.
Al pari le speranze vanno al mondo
all’impossibile caos della vita
dove recitano uomini stanchi
registi del nulla avvinghiati alle ore.
Emersa l’idea è perfetta, eppure
non trova che un minuscolo spazio
per baluginare tra l’una e l’altra
intenzione, come una fibra molle
che vaga su onde di priorità
e ovunque elle la portino essa va.
fotografia: iphone nella notte di capodanno – Shanghai
Giulio
Vista da una certa prospettiva la vita potrebbe essere vista come una condanna a morte.
E’ da quando sei bambino che scopri la sua esistenza, te lo viene detto come una cosa normale che tutti noi, prima o poi, moriamo. E tu fai un cenno di sì con la testa, gli dici che hai capito, ma quelle cose in realtà son concetti troppo grandi, troppo complicati, e non ti rendi conto della portata della rivelazione.
Tutti noi, prima o poi, si tira le cuoia.
E’ un dato di fatto, e se ti ricapita nella vita di ripensarci, sicuro che ti spaventi, e riallontani il problema, lo accantoni di nuovo in quegli angoli della tua testa poco visitati in modo che rimanga là sepolto e non si ripresenti più. Poi magari capita che ti muore un conoscente, un amico, un famigliare…e sembrerà che durante la vita una forza invisibile tenti continuamente di sottoporti nuovamente la questione – guarda- ti dice – quelli stanno morendo, e anche a te capiterà un giorno…- e tu non ci fai caso, fai finta di non sentire, perchè sei talmente spaventato che non vuoi nemmeno pensarci. Poi gli anni passano, e se sei così fortunato di rimanere vivo a lungo, ne vedrai tante tante di persone attorno a te scomparire.
E ci farai il callo probabilmente.
Sentirai dentro di te, nel tuo cuore, il tuo momento che si avvicina, accetterai la cosa forse, e forse ti chiederai come hai vissuto, cosa hai fatto, cosa la gente ricorderà di te. Forse arriverai anche al punto di desiderarla, la morte.
Ma il fatto è che, quando verrà, e certamente verrà a prenderti, lo farà anche se tu non vorrai. Anche se hai vissuto tutta la vita sentendoti invincibile, immortale, lei ti porterà via.
Dunque ti richiedo, la vita è una condanna a morte?
Per chi la pensa così senz’altro.
A me però piace di più la prospettiva che la vita è un occasione donataci importantissima. Occasione utile per realizzare che la morte non esiste in quanto tale, ma è un passaggio, da una vita all’altra. E’ un’occasione per realizzare che è solo il tuo corpo che muore, e che sei tu che lo abbandoni. E’ occasione per realizzare chi sei tu, nel tuo corpo, e capire cosa sarai tu, nel momento in cui lo lascerai. E’ un occasione per incontrare il tuo vero volto, il volto originario del tuo Essere, riscoprirti Anima.
Ma si dice che tra il dire e il fare…o meglio, tra il sapere e l’aver realizzato qualcosa ci sia una bella differenza! La stessa di sapere che il fuoco scotta e l’aver provato a metterci una mano sopra. Beh, auguri. O buon lavoro, dipende dalla prospettiva!
Hah Mas
Lei non c’è,
ma la piazza l’aspetta.
Anche il fiore
incartato l’aspetta
e la panchina.
Scura è la sera
a fianco del fiore.
Sulla panchina c’è lui
che aspetta
lei che non c’è.
In bilico attendono
la città e la panchina
l’orchidea e l’uomo,
ma questo soltanto
dentro si strugge.
Tracima la piazza
d’una folla illusa
di speranze.
Logore svaniscono
come gatti nei vicoli.
Giulio
Il sognatore si sveglia sognando: mentre va al lavoro in motorino sogna di scrivere poesie superbe e con quelle di infiammare gli animi delle persone in un evento che superi le sue aspettative e le sue speranze. Riflette sul senso di un atto poetico.
Al lavoro si diverte lavorando, ma nel frattempo pensa all’universo, alle stagioni su Marte, a come le persone svelino la propria paura prima di saltare nel vuoto. Se ha del tempo libero aggiusta i versi di una poesia intitolata “A teatro”, canta una canzone.
Chiacchiera con un giovane istigandolo alla rivoluzione, proponendogli di ghigliottinare tutto ciò che di sbagliato permea il mondo e di dedicarsi all’arte, in qualsiasi forma quel giovane la concepisca.
Tornando dal lavoro, sempre in motorino, sogna di chiedere un prestito milionario alle persone che possiedono tale potere economico per fare del bene a se stesso ed altri altri e soprattutto per realizzare i sogni dei suoi amici. Ascolta una canzone in cuffia, ne canta i ritornelli a squarciagola.
A casa lava i piatti e fa una lavatrice, ma dentro cuoce il pane del proprio progetto, cercando di intuire come realizzare nella materia la propria visione astratta, adattandola al reale senza che il sogno perda la sua carica innovativa.
Prima di andare a dormire, se gli va, il sognatore comunica agli altri esseri umani che lui, per tutto il giorno, ha vissuto la forza del sogno e che anche per oggi non si è arreso alla normalità.
Colui che sogna durante il giorno, sognerà anche durante la notte?
Good night.
Giulio
Oggi ho parlato con mio nonno; dei tre, quello ancora vivo. Una situazione apparentemente confusa. Io credo sia enormemente importante ridare, quando possibile, speranza agli anziani. Troppo spesso sento il mondo accusare “i giovani d’0ggi” relegarli al ruolo di bambinoni troppo cresciuti adatti solamente ai videogiochi, a facebook ed altre amene cazzate di quest’epoca. No. Tra i giovani d’oggi si nasconde il seme della pianta futura e proprio tra di noi, soprattutto tra quelli che meno te lo aspetti, ci sono i futuri grandi uomini che comporranno la società del domani. Se il mondo deve cambiare rotta, sono i giovani a dover decidere come muovere il timone e non gli anziani. Soprattutto perché i nostri centri di potere non sono guidati dalla saggezza, ma dall’egoismo e dalla procrastinazione della disparità e dell’ingiustizia.
I tempi forse saranno maturi. Quando questa crisi benedetta crescerà ancora, quando davvero tutti inizieranno ad interrogarsi su come e dove stiamo andando, allora saranno i giovani a dover dire basta, ad opporsi con decisione e vigore a tutto quanto nel mondo è sbagliato e privo di senno. Potranno farlo solo ascoltando dentro di sè quella sensibilità peculiare che a loro appartiene. Se i tempi saranno maturi, forse assisteremo ad una rivoluzione che parta dai singoli e che, dopo aver cambiato la società, ritorni ad essi come un dono da parte di questa per averla sanata. Ci vorrà forza, iniziamo a raccoglierne.
Mio nonno mi dice che è necessario adattarsi alla corrente, sennò questa ti inghiottirà. Ma tra i giovani non ci sono solamente i gamberetti di fiume e le trote, ci sono anche i salmoni e soprattutto i castori, che modellano quel flusso a loro piacimento, che non permettono all’acqua di trasportarli ovunque la corrente sospinga. Gli ricordo tutto questo e nuovamente gli fornisco una speranza, deve fidarsi di me, deve fidarsi di chi davvero vuole cambiare le cose con vigore ogni giorno nuovo. In questo modo chiedo agli anelli della catena da cui siamo stati generati il permesso di andare oltre, di superarli. Anche questa è rivoluzione.
Giulio