Il dialogo non si fa con un muro ma con una persona.
Il dialogo presume qualcuno che ascolta, non qualcuno che è presente ma pensa ad altro, sarebbe nel qual caso poco diverso da un muro.
L’ascolto è Ascolto. Non dovrebbe esistere null’altro, non dovrebbe esistere una mente che pensa di aver già capito il senso di un discorso prima che questo termini, non dovrebbe esistere la presunzione di conoscere chi parla e di saper già dove vuole andare a parare, ne la presunzione di conoscere già lo stato emotivo di chi abbiamo di fronte.
Se non vi è distaccamento da questo non è chi abbiamo di fronte che ci parla ma la nostra stessa immagine mentale che abbiamo di lui e che può non combaciare con la realtà. E’ vivere un dialogo in un mondo onirico fatto dai nostri pensieri e non dalla realtà stessa. Un ascolto di un sogno, non della realtà. Sarebbe un ascoltare la nostra mente e non chi effettivamente ci sta parlando.
Dialogo presume Vicinanza. Vicinanza presume muoversi verso la persona che sta cercando di esprimersi. Muoversi verso la persona presume abbandonare ciò che pensiamo di aver capito, azzerare i pensieri e creare un vuoto mentale in grado di accogliere la Parola. Se ciò non accade non vi è vicinanza. Potremmo stare a 5 centimetri di distanza, sussurrarci qualcosa nell’orecchio, ed essere al contempo talmente lontani da sentirci tristi, perchè non vi sarebbe comprensione, non vi sarebbe vicinanza, ma solo due persone che in due mondi diversi, lontani, tentano di capirsi per un numero limitato di volte, finché non abbandonano l’intento dopo l’ennesima sconfitta.
Vicinanza è tentare, ancora, e ancora, e ancora, un contatto, di farsi capire, per l’ennesima volta, con pazienza, con immensa pazienza, ancora una volta, finché non accade.
Nel momento in cui termina la pazienza di cercare un Contatto, di cercare una Comprensione, un Ascolto, un Dialogo, termina anche la Vicinanza. Quando non si ha voglia di tentare ancora, per l’ennesima volta, un punto d’incontro, di intesa, è la sconfitta dell’amore e dell’affetto con quella persona, la caduta dalla quale non ci si rialza più, il primo passo nel senso opposto, la lontananza.
Le persone che conosciamo ci offrono continuamente una serie di informazioni su loro stesse, dalle loro parole, dall’intonazione di voce, dalle pause, dalle espressioni facciali… Indizi che ci avvicinano ad una comprensione della persona che abbiamo di fronte.
Tuttavia nel momento che pensiamo di aver capito, di aver compreso, quegli indizi sono come addensati in un’immagine densa e statica nella nostra mente di quella persona. E’ come un immenso sudoku emotivo che addirittura cambia a sua volta nel tempo, abbiamo indizi che in quella casella ci sta un nove ad esempio ma non abbiamo prove certe e nel momento che scriviamo il nove potrebbe essere che ci andava proprio un otto.
E proprio come un sudoku, se sbagliamo un numero soltanto sbagliamo tutto il resto, a catena. E’ come dover decifrare dei messaggi in codice. Gli indizi ci avvicinano ad un “codice” per decifrare, decriptare, ma tuttavia il codice “univoco” da applicare sempre ed in qualsiasi situazione non esiste.
L’ascolto non è adattare le parole all’idea che già abbiamo in mente, quello è invece il fraintendimento che accade quando non c’è Ascolto e che si consolida nel tempo quando non c’è Vicinanza.
Se leggo ciò che mi viene detto cercando contemporaneamente di constatare se collima con l’immagine mentale che mi sono creato in precedenza, sarebbe manipolare le parole intendendo significati che io stesso voglio capire.
Allora chi mi parla, pur cercando parole per esprimersi, verrebbe inevitabilmente frainteso perchè filtrato dalla mia mente. Darebbe voce a ciò che voglio mi venga detto, nel bene o nel male che sia. Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. Io aggiungerei per renderla più chiara: “e di chi vuol sentire ciò che vuole”.
Capite anche voi che è un bel casino.
Giacomo
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