un’altra notte che non era questa
ti ho sognato e io non sono di quelli
che ricordano i sogni, forse sogno
i ricordi, e poi non ho più pensato
che eravamo due noi distanti, due
sconosciuti narranti, io muto osservatore
della tua storia urlata a un telefono
su una piccola strada di provincia,
perché i sogni pescano dal mare
che riescono a raggiungere,
e io dall’altro lato cercavo di capire
sapendo di non poterlo fare, cercavo
di capire come capirti, ma i sogni
parlano una lingua mai studiata;
e poi il risveglio è stato solo risveglio
ed eravamo ancora due narratori
distanti
Tag: vita
Finché c’è tempo
Come un libro abbandonato sul tavolo
impolverato e mai letto:
il sentimento arginato nel petto.
Perché la vita troppo spesso ci sopravanza,
e il non detto rimane
come un’ombra di suono nella stanza vuota.
Per sempre
Volgo ad oriente, è già tempo..
e tu sulle sponde rade consolami-
innaffierò la tua bocca con calici
di nettare e desiderio
lungo la traccia in corda della schiena
restano di seta i ricordi…
e si accomoda estasi…
lasciami così dormire
(essenza per me stessa)
sotto un pergolato di sogni struggenti
– aspetto di inanellarti ai miei occhi –
per una quantità infinita di nuovi attimi.
© Amor et Omnia
Storie di straordinaria normalità
“E adesso scendi dal quel diavolo di piedistallo per favore”, dove ti ci ho messo l’ultima volta con premi ed encomi… e va bene sono stata io a farmi il film, per intero, trama, protagonisti scene ad effetto e sai che c’è adesso ti preannuncio anche il finale: “The end!, come va?” leggi bene che in italiano pressapoco significa: “vai a spandere i panni sul balcone di casa tua!” … cosa? non hai una casa? ma davvero? povera stella! E cosa sarà mai? E’ da tempo che ti abitui a non averla visto che passi più tempo fuori di qui che dentro!… eh no! non iniziare con la storia che con me in casa non si respira, perché mi pare che tu per respirare abbia bisogno di diverse bombole di ossigeno che guarda caso sono tutte in vendita altrove… di cosa mi lamento? ecco diciamo che non mi lamento semplicemente faccio un fotografia a colori della disposizione dei mobili di casa: il sofà, il letto, la cucina, i quadri e tu! E se stai pensando che sono una rompiballe aspetta che te ne do viva conferma: sono una rompiballe patentata anzi da Oscar e allora? Tu sei noioso, paranoico, ansioso, arrogante e pure presuntuoso senza motivo, spari a zero su tutti sei approssimativo e inaffidabile ed io, neanche a dirlo, mi sono fatta fregare dai tre fiori che hai comprato un millennio fa e dalle parole dolci che hai letto sugli involucri dei cioccolatini, ma questo sarebbe ancora niente se non dovessi aggiungere che sei divertente come una domenica di nebbia e la radiocronaca delle partite di calcio a fare da sottofondo. E il sesso poi? Ne parliamo subito o aspetto un giorno così assorbi il colpo? … subito.. no lascio stare, alla fine su quello sono complice, non mi rendo affatto desiderabile! … ma che cosa fai sì con la testa? era sarcasmo, porca miseria…”
……………………. (pausa pranzo)
“….allora, alla conta di questa ennesima giornata di languide carezze e poesie d’amore dolci e delicate pensi di poterli togliere i panni sporchi dalla mia poltrona della lettura? …. dove diavolo sei? ma mi senti?… ah bravo hai tolto i panni sporchi.. hai tolto anche quelli puliti, hai tolto anche le scarpe dal corridoio.. ma..hai tolto anche…. Eh no! io ti amo”
© Amor et Omnia
Fermoimmagine
… e vorrei essere nel tuo letto di notte per accostarmi al tuo viaggio e dire che forse il nostro non è solo un romanzo di poche pagine e anzi è tutto ancora lì sotto la polvere… e vorrei stare nel tuo bagaglio e vorrei stare nel tuo vino buono e così vorrei essere nel tuo groviglio allo stomaco… mi hai detto: – resta lì, io torno presto – io non ho mai capito cosa siano queste parole, che tempo siano…. presto-tardi, tanto-poco, vanno circoscritte, queste parole, con significati precisi.. vanno definite; il presto cosa è? un’ora un giorno un anno…. io odio la parola presto e detesto con tutte le mie forze ancora di più l’”appena possibile”.. batto i pugni sul tavolo del destino. Ecco adesso mi detesterai tu. Io posso essere molto detestabile e tu puoi essere estremamente adorabile…. e vorrei sentire la tua voce dire: – caffè anche per te? – e ancora….. – andiamo in centro oggi – …. -ehi ma non abbiamo finito quel discorso, e no che non lo possiamo finire in auto –
…e vorrei la tua voce a mostrami il giorno e la tua risata.. ah ah.. a prendermi per i fondelli.. perché tanto lo so che lo fai anche da serio… e vorrei che tu fossi un passo avanti a me… mentre camminiamo e mi trascini da qualche parte… e vorrei che tu avessi il capo chino solo per pensare al nome di nostro figlio…
stasera preparo il pane fresco e tu ti innamorerai ….mentre ti leggo poesie… una ogni ora… fino al mattino.
© Amor et Omnia
Astuccio
Sparpagliate contieni numerose matite.
Morbide
strali di grafite
che lasciano il segno
che andando
smarriscono una coda
di curve granulose
tratti sbavati
imprecisi
umanizzati.
Contieni pure le otto acca
quelle che se passano
incidono la carta
(che qui chiameremo amore o realtà)
incancellabili
ineludibili
come i ricordi più duri
quando il nero nel tempo schiarisce
ma ne rimane la pista
cicatrice.
Sei l’astuccio
dei miracoli umani
scarabocchio
teca del disegno
ancora da venire.
Sei vuota, piena, vuota
strabordi
non riesco a chiudere di te, la cerniera;
sei inconfinabile.
Gettata alla rinfusa
in una vita a forma di cartella
(come quella della scuola
enorme, colorata, con le clip)
scrivi il mio futuro.
Sei il destino
o il suo esecutore.
Allora, nell’intimità
nelle parole private
nei segreti da due
ti chiamerò semplice:
astuccio;
per sentirmi piccolino
per sentirmi ancora da venire
per ricominciare a fare grandi pance
e lettere ridicole e tonde;
per reimparare l’alfabeto.
Giulio
Una casa al mare
Ha comprato una casa al mare.
Finalmente.
Dice un po’ distante ma il mare è più bello.
Ci sono già i turni per andarci: fratelli genitori nipoti zii amici.
Dice vicino a Pozzallo. In Sicilia.
Un po’ lontano ma il mare lì, è un’altra cosa.
E di qui si va al mare, e di là si attraversa (stipati) quel mare, che è sempre lo stesso ma anche diverso, ché a Pozzallo è più bello.
E di qui non c’è posto neppure per i morti (l’han detto alla radio).
Han detto non c’è posto per i morti, nemmeno per quei trenta che proprio oggi son morti. Nemmeno per trenta. Morti. Per centinaia, migliaia di vivi, manco a parlarne.
E di là vengono di qui. E di qui i ragazzi partono e tornano, solo d’estate.
E di là la guerra e il sogno di un’Europa come l’America da qui. Tempo fa.
E di là donne, uomini, vecchi e bambini. Tanti bambini.
Han detto troppi, han detto non c’è posto.
E di qui bambini pochi, tardi, a fatica. A volte costa tantissimo.
Addirittura, a volte, una donna o due in più, l’utero, nove mesi di vita.
E di là non si fa in tempo a dire ed è nato, un altro bambino, è nata, un’altra bambina.
E di qui i vecchi lentamente, a volte male, muoiono in un modo che sembra tutta morte quella vita sdraiata.
Tanti vecchi, e tanti malati, vorrebbero morire prima, ma di qui non si può.
E di là non si fa in tempo a diventare vecchi, e non si fa neanche in tempo ad ammalarsi, che subito si muore.
Tanti vorrebbero diventare vecchi, ma di là non si riesce.
E non è che giusto di qui e sbagliato di là o sbagliato di qui e giusto di là.
Ma solo non si capisce più, giusto o sbagliato, sbagliato tutto e niente, chi più e chi meno, quale senso, nascere, morire.
Di qui o di là.
Arianna
Foto: Sicilia 2010
Nascita (6)
Lasciar spazio all’inatteso come una cicatrice di 12 punti
Naturale violenza primordiale
In precario equilibrio tra la vita e la morte
Scoprirsi genitori non per atto di volontà ma per accettazione
Scoprirsi genitore e riconoscersi intimamente figlia
Lasciarsi nascere nuovamente
Accogliere il limite della vita
E di questo farne la propria felicità.
Nadia
Onde lunghe
Onde d’oceano,
libertà e pace
il vento e la luna
m’emoziona
l’energia della vita.
L’arte del vivere
nella magia del gesto,
una mano che si muove
come nell’acqua,
il fuoco di una parola,
non c’è meta preclusa
all’argentea spada
sfoderata dell’anima.
Giacomo
Finché c’è vita
La figlia di mia cugina, anni quattro, rimase colpita quando sua mamma le disse che sarebbe andata al funerale della nonna: “Ma come! E’ ancora morta?”.
In effetti.
La morte si può definire come l’evento irreversibile per eccellenza.
Una volta, e poi per sempre.
Eppure chi ancora vivo sperimenta la morte altrui la vede mutare d’aspetto, o meglio osserva variazioni negli stati emotivi che a quell’ancora morta si associano.
Inizialmente, l’incredulità, o a volte – nel caso di malattie lunghe e dolorose – perfino il sollievo: “Ha smesso di soffrire”. Poi (o contemporaneamente) un dolore acuto, a tratti rabbioso. Nostalgia, affetto, vuoto.
Certo: la vita continua. Ma ogni giorno rinnova a suo modo quell’assenza, mescolata ad altre, e nuove presenze.
Invecchiare, forse, significa proprio questo: notare le assenze, sempre più numerose, nella folla confusa dei vivi.
Arianna
Foto: Parigi 2013